I miei alberi totem

Gli alberi sono le colonne del mondo, quando gli ultimi alberi saranno stati tagliati, il cielo cadrà sopra di noi.

Detto dei Nativi Americani

L’albero può prestarsi a un approccio personale, diretto, uno a uno. Quando entriamo in relazione con una pianta sostiamo sotto le sue fronde, ne facciamo meta delle nostre passeggiate, ne percepiamo il potere di rilassarci e di metterci a nostro agio. In questo caso, non parliamo più del castagno – ad esempio – come specie bensì di un preciso individuo di quella specie che a poco a poco è diventato nostro amico. Può avvenire per caso, quando durante una camminata in un bosco o una sosta in un giardino ci sentiamo attratti da una pianta, oppure può avvenire per scelta quando decidiamo di stabilire una relazione privilegiata con una creatura vegetale e ne scegliamo una che ci attrae per una sua caratteristica e prendiamo l’abitudine di andarla a trovare e passare del tempo vicino a essa.
Una relazione personale con un albero può essere stabilita in un modo simile a quello in cui si stabilisce una relazione con una persona: attraverso la presenza fisica, la sincerità e la disponibilità all’ascolto.
Una pianta ci percepisce quando noi sostiamo nelle sue vicinanze per un certo tempo: il mondo vegetale non è dotato della nostra velocità di percezione e ha bisogno di almeno un quarto d’ora affinché l’albero percepisca la presenza di chi gli è vicino.

Fonte: http://www.damanhurblog.com/spiritualita/lalbero-come-totem

Io sto cercando i miei alberi totem: alcuni li ho trovati di recente, altri li conosco da sempre, altri li devo ancora incontrare sulla mia strada.

Il primo che vi voglio presentare è un imponente Olmo (Ulmus minor) che vive sulla Montagnetta di San Siro. Intorno ce ne sono altri della sua specie ma lui svetta su tutti, in altezza e possanza. Gli scoiattoli si rincorrono tra i suoi rami e lui ospita paziente le loro corse sfrenate.

In medio ramos, annosaque brachia pandit
Ulmus opaca, ingens, quam sedem Somnia vulgo
Vana tenere ferunt, foliisque sub omnibus haerent.
 
Virgilio. Eneide, Libro VI, 282-284

Prima dei Romani, già i Greci avevano consacrato questa pianta a Morfeo, figlio del Sonno (Hypnos) e della Notte (Nix). Morfeo è per eccellenza la divinità dei sogni degli uomini, nei quali prende la forma (morfé in greco) delle persone o delle cose sognate. L’olmo è quindi l’albero dei sogni, del sonno, e per estensione, del sonno eterno, cioè la morte.

In virtù del suo legame con Morfeo, essendo i sogni ispirati dalle divinità, venivano attribuiti all’olmo anche poteri oracolari, ossia la facoltà di predire eventi.

Fonte: L’olmo delle meraviglie. Storie di sogni, di ferite e di vino… Vincenzo Pacelli


Il secondo albero è un Faggio (Fagus sylvatica) che vive nella piccola frazione di Denzil, ai piedi della Presolana. E’ un albero imponente dal tronco sdoppiato. L’ho conosciuto di recente mentre vagavo di notte nel bosco, in completa solitudine. Mi ha colpito subito per la sua mole, evidente anche nella notte buia. Sono tornato il giorno successivo per presentarmi e conoscerlo meglio. Era una splendida giornata di sole, nello zaino c’era Sofia, mia figlia più piccola. L’ho presentato anche a lei…spero che diventino amici.

L’etimologia del nome deriva probabilmente dal greco phagein, che significa “mangiare”, in quanto il Faggio, così come la Quercia e la castagna, appartenenti alla stessa famiglia, fu in passato fonte importantissima di cibo sia per gli uomini che per gli animali, grazie alle sue foglie edibili ma soprattutto ai suoi frutti, le faggine o faggiole, commestibili crude o abbrustolite oppure trasformabili in olio tramite spremitura.

C’è però chi sostiene che il nome derivi dal celtico fog, cioè “fuoco”, a indicare la natura di “fuoco fattosi materia” di quest’albero, comparso sulla Terra in epoca terziaria, quando si è verificato il raffreddamento del pianeta e il fuoco in superficie si è solidificato.

L’epiteto specifico sylvatica indica invece la sua natura boschiva, sottolineando la tendenza a formare boschi, solitamente puri, dove l’ombra prodotta dall’alto fogliame scoraggia la crescita di quasi qualunque altra pianta.

Fonte: https://nelboscodelladea.com/2015/11/06/faggio-bastare-a-se-stessi-e-proteggere-il-proprio-spazio/


La Roverella (Quercus Pubescens) è la specie di quercia più diffusa in Italia, tanto che in molte località è chiamata semplicemente quercia. Io ho un’amica Quercia che vive a Ispra, sul lago Maggiore, sul prato della casa dei miei nonni dove sono cresciuto e ho passato alcuni dei momenti più belli della mia vita.

La Quercia è un albero nobile e presso i Romani era il simbolo della sovranità: per questo motivo sulle insegne dei re di Roma figurava una piccola corona di foglie di questo albero. Con foglie di quercia venivano intrecciate anche corone civiche ed emblemi di merito, conferiti ai cittadini valorosi per sottolineare la regalità ed il loro valore guerriero. Nella mitologia greca e romana era considerata l’albero sacro a Giove (o Zeus): infatti il più antico oracolo greco, situato a Dodona e dedicato a Zeus, era proprio una quercia, mentre a Roma il colle Campidoglio, consacrato a Giove, era ricoperto di querce.